Riforma pensioni 2018: Ape sociale, precoci e sostenibilità del sistema previdenziale

Riforma delle pensioni: abrogazione legge Fornero. Per la Lega Nord riforma delle pensioni significa l’abrogazione della Legge Fornero. Ha fatto sua questa battaglia anche Claudio Durigon, che ha annunciato le sue dimissioni da vice segretario generale dell’Ugl, per entrare nella Lega. Durigon, da sempre impegnato sui temi del lavoro, ha sottolineato che tale passo  “consente di proseguire un progetto serio, un’avventura stimolante, soprattutto nella lotta alla disoccupazione e in netta contrapposizione alla Legge Fornero, che ha penalizzato fortemente lavoratori e pensionati e che Salvini con il suo governo si è già impegnato ad abrogare”.

Riforma delle pensioni: analisi sulle misure dell’Ape sociale e dei precoci.

Michele Raitano, docente di Politica economica alla Sapienza Università di Roma su Rassegna ha svolto un’analisi delle ultime riforme delle pensioni, fino a quella iniziata nel 2016, con l’avvio del confronto tra Governo e sindacati. Per l’economista si sarebbero dovute mettere in campo misure strutturali, piuttosto che interventi dovuti alla logica del momento. “La speranza era, dunque, che si sarebbe giunti a interventi che una volta per tutte, e fuori da contesti emergenziali, delineassero un quadro normativo maggiormente coerente con gli obiettivi appena richiamati e con la stessa logica di un sistema di assicurazione sociale come quello pensionistico, che dovrebbe fornire tutele differenziate contro rischi che per loro natura si distribuiscono in modo fortemente eterogeneo fra la popolazione”, ha precisato l’economista.

In riferimento all’Ape sociale ed alla misura per le pensioni dei precoci, Raitano ha osservato:”Il dibattito che si è succeduto nelle scorse settimane e le decisioni di policy a cui si è giunti, quali bloccare per un biennio per 15 categorie di lavoratori l’aumento di 5 mesi dell’età pensionabile (che rimarrà, dunque, ferma a 66 anni e 7 mesi, anziché crescere a 67 anni, come avviene invece per la generalità dei lavoratori) ed estendere ad altre 4 categorie l’accesso all’Ape sociale laddove si rispettino i requisiti relativi alla definizione della gravosità dell’occupazione, hanno rappresentato invece l’ennesima occasione persa per ragionare in modo approfondito su una questione con ricadute rilevanti, sia per gli individui che per il sistema economico italiano.

Per l’economista:”Differenze così ampie, non imputabili unicamente alle diverse possibilità di accesso al pensionamento anticipato da parte dei lavoratori “precoci”, dovrebbero portare a riflettere a fondo sulle cause retrostanti e a interrogarsi su cosa aumenti indiscriminati e continui dell’età pensionabile possano implicare per il funzionamento del sistema economico, oltre che per il benessere individuale. In questo quadro, l’evidenza recente per l’Italia segnala come il cospicuo e omogeneo incremento dell’età pensionabile introdotto durante la recente fase recessiva abbia determinato una riduzione delle possibilità occupazionali dei più giovani e come l’aver impedito l’uscita dei lavoratori anziani più deboli abbia generato un effetto negativo sulla produttività”.

In conclusione:”La politica dovrebbe, comunque, cercare di utilizzare al meglio le informazioni disponibili, definendo un quadro normativo coerente e stabile, anziché ricadendo in risposte di corto respiro, basate sugli equilibri politici da raggiungere prima dell’approvazione di ogni legge di stabilità”, ha sottolineato Raitano.

Riforma delle pensioni e sostenibilità del sistema previdenziale.

In un’editoriale del Corriere della Sera, gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, a proposito delle misure introdotte nella Legge di Bilancio 2018 sulle pensioni, hanno affermato:”Con l’accordo che esclude 15 categorie di lavoratori dall’innalzamento dell’età della pensione, il presidente del Consiglio ha fatto un piccolo miracolo. Ha mantenuto la pace sociale, e ha evitato il rischio che il Parlamento cancellasse quello scatto di età previsto per tutti fra un anno, ipotesi condivisa — in perfetto stile pre-elettorale — da una gran parte dei partiti. Il costo sarà modesto: qualche decina di milioni di euro nel 2019 e 300 milioni a regime. Cancellare lo scatto per tutti sarebbe invece costato 3 miliardi all’anno a cominciare dal 2019. Se poi, come talvolta ha chiesto la Cgil, non solo fosse stato cancellato il prossimo aumento dell’età della pensione, ma anche i successivi (di fatto congelando l’età della pensione al livello attuale) quei 3 miliardi l’anno sarebbero diventati, a regime, circa 16: con un onere cumulato che avrebbe raggiunto i 140 miliardi”.

“Come in quasi tutti i Paesi, anche in Italia le pensioni degli anziani sono pagate dai contributi che versa chi lavora. L’allungamento della vita (nel nostro Paese la speranza di vita alla nascita era 82,8 anni nel 2015, sette mesi in più rispetto al 2013) significa che se si continua ad andare in pensione alla stessa età i contributi pagati da chi lavora dovranno aumentare”, sottolineano gli economisti. Ma se aumenta i costo del lavoro, quest’ultimo non potrà che diminuire ed i contributi per chi continua a lavorare dovranno aumentare ancor di più “per mantenere il totale invariato”. Questo è il nodo cruciale.

“Condivido i giudizi e le preoccupazioni di Alesina e Giavazzi sul futuro del sistema pensionistico il cui equilibrio non è garantito per sempre, dal momento che dipende da variabili, prima fra tutte l’andamento dell’economia e della occupazione, i cui trend sono mutevoli: quasi mai si sono verificati i presupposti su cui si basavano gli effetti delle riforme”. ha dichiarato Giuliano Cazzola, economista ed esperto di previdenza, a Labitalia

“E’ senz’altro vero che con le diverse tipologie dell’Ape i governi Renzi e Gentiloni hanno difeso taluni aspetti più importanti della legge del 2011″, ha affermato Cazzola, che avverte:”Attenzione, però: le agevolazioni per le categorie disagiate (una definizione che non ha alcun valore scientifico) sono un grimaldello con il quale i sindacati, ad ogni legge di bilancio, chiederanno ulteriori inserimenti oltre le attuali 15”.

“Poi, c’è una via d’uscita di carattere strutturale”,ha proseguito, “ed è quella riservata ai precoci, che sarà molto utilizzata dalle generazioni dei baby boomers, le quali sono in grado di avvalersi di tutte le forme di pensione anticipata (soprattutto se si tratta di lavoratori maschi) a un’età intorno ai 60-61 anni, perché hanno avuto la condizione di entrare presto nel mercato del lavoro e di restarci a lungo e stabilmente”. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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