Riforma pensioni 2018. Le ultime novità su flessibilità in uscita, usuranti, minime ed anticipo pensionistico

Riforma delle pensioni: superamento Legge Fornero. Tra i temi presenti nei programmi elettorali dei partiti, che parteciperanno alle prossime elezioni del 4 marzo, è spesso presente la riforma delle pensioni basata su modifiche, più o meno importanti della legge Fornero. La posizioni più radicale al riguardo è stata espressa dalla Lega di Matteo Salvini, che ne vorrebbe l’abrogazione tout court. Il Movimento Cinque Stelle propone, invece, il “superamento della Legge Fornero”, come indicato nel programma politico presentato a Pescara dal leader di partito Luigi di Maio, a conclusione della tre giorni di formazione del Movimento nel Villaggio Rousseau. Le modifiche che andrebbero introdotte per i pentastellati consistono nell’introduzione di quote contributive, Quota 100 e Quota 41,  per il raggiungimento delle pensione, la staffetta generazionale, la proroga di Opzione Donna e la possibilità di andare in pensione anticipatamente che per i lavoratori che svolgono mansioni usuranti.

Alessandro Di Battista a DiMartedì ha indicato tra le categorie di lavoratori che dovrebbero andare in pensione anticipatamente in quanto usuranti: gli edili, gli infermieri ed i conducenti di mezzi di trasporto pesanti. “Non posso tollerare che ci sia un muratore che entra a lavorare a vent’anni e dopo quarant’anni, a sessant’anni non gli sia consentito l’accesso ala pensione”, ha affermato.

Riforma delle pensioni: aumento delle pensioni minime. 

Nel programma del Movimento cinque stelle vi sono altri punti che riguardano la riforma delle pensioni. Tra i punti elencati da Di Maio nel programma elettorale del suo partito vi è l’aumento delle pensioni minime a di 780 euro netti al mese a tutti i pensionati ed un totale di 1.170 euro netti al mese per una coppia di pensionati. Per Forza Italia le pensioni minime andrebbero aumentate a mille euro.

Pensioni scuola ed anticipo pensionistico: l’allarme di Anief.

Le ultime novità sulle pensioni del comparto scuola vengono dai dati relativi alle domande di pensionamento al 1° settembre 2018. Tra i 40mila e i 50mila dipendenti lasceranno il servizio a partire da quella data. “Si vanno ad aggiungere a quelli già oggi disponibili su disciplina, alle 40mila cattedre di sostegno in deroga, ad altre 20mila spostate con l’ultima Legge di Stabilità dall’organico di fatto a quello diritto: la prossima estate ci ritroveremo con una quantità enorme di posti vacanti”, osserva l’Anief.

Per quanto riguarda l’anticipo pensionistico, l’Anief segnala:”Già erano stati pochi i docenti a potersi candidare per aderire all’anticipo pensionistico, fino a circa 3 anni e mezzo, finanziato con un prestito dello Stato: è notizia di queste ore che nessuno di quei maestri ha avuto la possibilità di lasciare il lavoro. E non si sa nemmeno quando potranno farlo, rischiando quindi pure di vanificare il già ridotto anticipo messo loro a disposizione perché individuati tra gli occupati in professioni usuranti”. Il nodo che impedisce l’accesso alla pensione è il vuoto normativo che tenga conto della peculiarità del comparto scuola.  I docenti bloccati chiedono “con massima urgenza, l’emanazione di una norma ad hoc per sopperire a questa grave mancanza e per non ripetere errori già fatti in passato che non tennero in conto della peculiarità della categoria”.

Per Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “Stiamo assistendo ad una beffa cosmica, perché già l’Ape Social doveva essere estesa a tutti i docenti e non solo ad una parte, visto che diversi studi, tra cui spicca il ‘Getsemani Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti’, hanno accertato l’alto grado di stress determinato dall’insegnamento. I 67 anni di età, cui il Governo Gentiloni ci ha portato, stridono poi non poco con la media Ue, visto che anche il recente rapporto OcsePensions at a glance ha confermato che in Europa si continua a lasciare il lavoro a 63 anni. Ci sono Paesi, come la Francia, che consentono agli insegnanti di andare in pensione ancora a 60. Altri, come la Germania, che con circa 25 anni di insegnamento permettono di lasciare il lavoro. Come se non bastasse, va ricordato che ammesso che si riesca ad anticipare l’accesso al pensionamento, questi docenti percepiranno in media un assegno pensionistico ridotto, rispetto al 2011, fino all’8%. Dinanzi a queste prospettive, basti pensare al contratto a perdere che l’Aran sta prospettando; siamo davvero stufi e ci appelliamo ai nostri governanti perché si adoperino, benché a fine legislatura, per attuare quei provvedimenti d’urgenza necessari a non penalizzare ancora una volta i dipendenti della scuola pubblica”. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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