Verissimo: Elena Santarelli parla per la prima volta in tv della malattia del figlio

Nella puntata di oggi, sabato 26 maggio 2018, a Verissimo, tra gli ospiti ci sarà anche la showgirl Elena Santarelli dove rilascerà un’intervista esclusiva a Silvia Toffanin. Elena Santorelli racconterà per la prima volta in tv della grave malattia che ha colpito il figlio.

Verissimo: l’intervista a Elena Santarelli.

Ospite nel salotto di Silvia Toffanin ci sarà Elena Santarelli racconta con emozione la malattia del figlio Giacomo dicendo: “Ormai in casa siamo in sei: io, Bernardo, Giacomo, Greta, il cagnolino Neve e il tumore. Che c’è e lo affrontiamo”.

La showgirl racconta: “Il 30 novembre 2017 ci hanno dato la diagnosi, all’inizio eravamo increduli. È la prova più difficile della mia vita. Non mi sono mai chiesta perché questa cosa sia successa proprio a me, l’ho accettata e ho fatto entrare il dolore dentro una parte di me. Sto soffrendo ma mi rimbocco le maniche, faccio quello che devo fare e vado avanti. Siamo una famiglia normale con un problema da risolvere“.

Elena Santarelli continua: “È una battaglia che si può assolutamente vincere, ne sono convinta. Le cure di Giacomo non sono ancora terminate ma siamo tutti superpositivi perché stanno andando nel verso in cui dovrebbero andare. Molti definirebbero questa condizione una disgrazia, per me invece non lo è: è un’opportunità di fare questo passaggio della vita, a cui evidentemente eravamo destinati, e magari trarne anche dei benefici”.

Racconta a Silvia Toffanin come hanno spiegato la situazione al bambino: “La psicologa mi ha detto di cercare di essere positiva, perché se il bambino vede la mamma allegra lo sarà anche lui. Il linguaggio usato con Giacomo è un linguaggio chiaro: il problema si chiama tumore. Ci hanno consigliato di non nascondere la verità e di non lasciare irrisolte le sue domande.

Aggiunge Elena Santarelli: “Non ho mai trattato mio figlio come un malato e mi piace dirlo alle mamme che ci guardano da casa e che magari stanno vivendo una situazione simile alla nostra. Il racconto della malattia è stato graduale: siamo partiti da una versione più leggera per arrivare poi a una più dettagliata sempre con un linguaggio adeguato a un bambino di quasi 9 anni”.

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