Riforma pensioni, le ultime novità ad oggi 2 settembre 2018

Il governo nella legge di Bilancio 2019 mira ad avviare le tre principali riforme promesse durante la campagna elettorale e che poi sono state inserite nel contratto di governo. Al centro del dibattito vi è la riforma delle pensioni. Il presidente del Cnel ed ex ministro del lavoro Tiziano Treu chiede che venga eliminata la possibilità di poter lasciare in anticipo il lavoro.

Pensioni, Treu: “Cancellare le pensioni anticipate perché sono un’ingiustizia”. 

Secondo Tiziano Treu, non dovrebbe essere possibile uscire dal lavoro prima dell’età di vecchiaia, che dal 1 gennaio 2019 salirà a 67 anni. Uniche eccezioni previste per lavori usuranti e invalidi.

Ciampi diceva che le pensioni anticipate erano un furto, si prendeva di più di quanto versato“, ha continuato Tiziano Treu presentando il congresso internazionale della Società internazionale di diritto del lavoro, in programma a Torino il 4 settembre.

Le attuali uscite per pensioni anticipate vanno abolite“, ha ribadito il presidente del Cnel. Possono essere previsti solo casi eccezionali come l’invalidità, i lavori pesanti e la disoccupazione a ridosso dell’età di pensionamento così come previsto dalle norme sull’Ape sociale.

Riguardo alle pensioni d’oro, l’ex ministro Treu ha spiegato che è “costituzionalmente difendibile” solo un contributo di solidarietà, mentre il ricalcolo come proposto dal presidente Inps Tito Boeri appare una strada impraticabile.

Pensioni, Uil: effetti negativi della Quota 100.

Secondo il sindacato Uil la quota 100 se sostituita alle attuali norme dell’Ape sociale, potrebbe provocare un ritardo di accesso alle pensioni che può arrivare fino a 4 anni, nel caso di disoccupati e di lavoratrici madri che dovranno attendere la pensione di vecchiaia a 67 anni.

Questo ritardo sulla base di uno studio del Servizio politiche previdenziali del segretario confederale Domenico Proietti, sarebbe “ulteriormente aggravato dall’introduzione di requisiti elevati come l’età minima necessaria a 64 anni o un’anzianità contributiva che non tiene pienamente conto di tutti i contributi maturati dai lavoratori, con un’inaccettabile penalizzazione per le donne e per le aree più deboli del Paese“.

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