Riforma pensioni 2018: Ape social, Quota 41, precoci, lavori gravosi, esodati, opzione donna!

Riforma pensioni, le ultime novità. Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro alla Camera, ha ribadito quelli che sono gli obiettivi del programma elettorale del Pd sul fronte pensioni e previdenza: “È importante la presentazione del programma elettorale del Pd che, come ha ricordato Renzi, non sparerà ‘cifre a caso’. Noi concordiamo sul fatto che si facciano proposte realistiche che tengano conto di quello che si è già fatto. Ad esempio, per quanto riguarda le pensioni, bisogna proseguire sulla strada che fin qui abbiamo percorso, che ci ha consentito di correggere significativamente la legge Fornero”.

Riforma pensioni: Damiano rilancia gli obiettivi della prossima legislatura.

“Noi proponiamo – spiega Damiano – di rendere strutturale l’Ape sociale, che scade alla fine di quest’anno e che consente di andare in pensione a partire dai 63 anni a chi rientra nelle 15 categorie di lavori gravosi; di prevedere la nona e definitiva salvaguardia per gli esodati e la prosecuzione della sperimentazione di Opzione Donna, utilizzando i risparmi delle risorse già stanziate per queste due misure. Inoltre, va migliorata la normativa dei lavoratori precoci: il passo avanti compiuto dal Governo Renzi va completato eliminando il vincolo che consente di poter andare in pensione con 41 anni di contributi (a prescindere dall’età) solo a condizione che si siano svolti dodici mesi di attività prima dei 19 anni. Infine, i 41 anni di contributi non debbono valere soltanto per chi svolge i lavori gravosi cine è attualmente: facciamo un altro sforzo con gradualità e con spirito autenticamente realistico e riformista”, conclude Damiano.

Decreto attuativo per lo stop all’età pensionabile per le 15 categorie di lavori usuranti.

Intanto, ieri è stato firmato il decreto attuativo che esenta quindici categorie di lavoratori, che svolgono compiti particolarmente gravosi, dall’aumento dell’età pensionabile a 67 anni nel 2019. Per loro resterà il limite di età di 66 anni e sette mesi. A darne notizia è stato, con un tweet, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Firmato da Giuliano Poletti il decreto che esenta 15 professioni gravose da adeguamento età pensionabile a speranza di vita. Il sistema pensionistico non va scardinato. Vanno protette le fasce più esposte della società“.

Riforma pensioni e abrogazione legge Fornero, le news di Tito Boeri.

Sul tema della cancellazione della riforma Fornero si è tornati nell’ambito del seminario dal seminario organizzato da VisitINPS Scholars, a Roma, in seno al quale è emerso che l’abrogazione di tale legge sulle pensioni avrebbe effetti insostenibili per gli equilibri di finanza pubblica, mentre per aggredire il rischio povertà ed esclusione dal mercato del lavoro delle più giovani generazioni bisognerebbe muovere la leva fiscale nella direzione di un sistema più progressivo, con minori prelievi sui redditi da lavoro e maggiori imposte sui redditi da capitale e sui patrimoni. A tale seminario hanno preso parte il presidente dell’Istituto, Tito Boeri, il direttore del Fondo monetario internazionale, Jean-Jacques Hallaert, e gli analisti dello staff che hanno realizzato l’ultima ricerca Fmi sul tema delle diseguaglianze e della povertà tra generazioni nell’Europa del dopo-crisi. A discutere i risultati del report erano presenti il consigliere dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Alberto Zanardi, e il capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, Paolo Sestito.

Boeri ha fatto un riferimento diretto alle proposte elettorali di riforma delle pensioni rivelando alcune stime Inps sul costo di una parziale cancellazione della riforma varata nel 2011: «L’abolizione della pensione anticipata e il ritorno all’anzianità con 40 anni di contributi o con il meccanismo delle quote avrebbe un costo aggiuntivo attorno ai 15 miliardi l’anno, con un’incidenza sul debito pensionistico implicito di 85 miliardi, vale a dire cinque punti di Pil, che finirebbero sulle spalle delle generazioni più giovani». I dati sono riferiti al complesso delle gestioni. Secondo queste stime il ritorno ai requisiti pre-Fornero con l’abbandono dell’attuale meccanismo dell’ anticipo (43 anni e 3 mesi per gli uomini e 42 e 3 mesi per le donne nel 2019, 41 anni e 5 mesi per i precoci nel 2019) determinerebbe un maggiore numero di pensioni per 5-600mila unità nei primi anni per il complesso delle gestioni.

Dall’illustrazione della ricerca Fmi, fatta da Maximilien Queyranne e Haonan Qu, sono emerse numerose evidenze sugli squilibri della spesa sociale, nei sistemi di Welfare europei, a favore degli anziani, con le conseguenze in termini di ineguale protezione delle più giovani generazioni escluse dal mercato del lavoro. La conclusione che è emersa è che rispettando gli equilibri di finanza pubblica vanno destinate più risorse al rafforzamento delle politiche attive e la formazione mirata per far crescere le assunzioni dei giovani, vero baluardo contro il rischio povertà, risorse che andrebbero reperite con politiche fiscali ancor più progressive, che comprendano anche imposte patrimoniali, incentivi sui contratti stabili, riduzioni strutturali del cuneo fiscale anche puntando su una progressività del prelievo contributivo e, più in generale, con minori imposte sui redditi da lavoro bilanciate con altre forme di prelievo su ricchezze e consumi. La flat tax, insomma, è fuori dagli orizzonti Fmi. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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