Riforma pensioni 2017: le ultime novità su taglio alle pensioni d’oro e rivalutazione

Riforma delle pensioni: taglio alle pensioni d’oro. Qualche settimana fa le dichiarazioni del vicepresidente della Camera dei deputati, Luigi Di Maio, sul taglio delle pensioni sopra i 5 mila euro, sollevarono un vero e proprio vespaio. La deputata del Movimento 5 Stelle, Laura Castelli, in una nota ha voluto precisare che il suo partito “non ha intenzione di mettere mano a tutte le pensioni, come scrive erroneamente La Stampa, ma solo a quelle sopra i 5 mila euro netti, che non sono coperte dai contributi. Sono delle pensioni percepite ingiustamente, a cui non corrispondono sufficienti contributi versati”.

Castelli aggiunge:”Noi taglieremo la spesa pubblica nei settori dove è necessario, per evitare sprechi, mentre continueremo a finanziare la spesa buona”. La pentastellata ha voluto precisare, inoltre, che per il M5S la cancellazione della Legge Fornero è una priorità.”Noi abbiamo sempre detto e ribadiamo che, una volta al Governo, porremo in atto tutte quelle misure necessarie volta al superamento graduale della legge Fornero”, ha sottolineato.

Pensioni e perequazione. L’analisi di Confedir e Federspev.

Michele Poerio, Segretario Generale Confedir e Presidente Nazionale Federspev, e Carlo Sizia, Comitato Direttivo Nazionale Federspev hanno svolto su “formiche.net” un’analisi della perequazione delle pensioni negli ultimi 11 anni. “Prendendo a riferimento gli ultimi 11 anni (dal 2008 al 2018 compresi), si può dire con sicurezza che gli interventi peggiorativi sulla perequazione delle pensioni oltre le 6 volte (e ancor più oltre le 8 volte il minimo Inps), intervenuti per il 72,72% del periodo anzidetto in deroga ai criteri della legge 388/2000, hanno determinato una perdita permanente del potere d’acquisto delle pensioni in questione di non meno del 10-15%, in concreto da 500 € netti mensili circa a più di 1000 € mensili, anche senza tener conto dell’appesantimento fiscale delle addizionali comunali e regionali intervenute dai primi anni duemila e del taglieggiamento crescente del cosiddetto “contributo di solidarietà”, intervenuto da ultimo nel triennio 2014-2016 sulle pensioni di importo oltre le 14 volte il minimo Inps”, hanno affermato.

Poerio e Sizia hanno aggiunto:”La perequazione automatica delle pensioni non raggiunge mai pienamente il pieno ristoro dall’inflazione per almeno i seguenti principali motivi: perché il recupero interviene in tempi successivi rispetto al momento dell’insulto inflattivo; perché il “paniere” che pesa l’incremento del costo della vita per le famiglie di operai ed impiegati non è specifico per le persone anziane, anche se rappresenta la base per la rivalutazione riconosciuta delle pensioni; perché, anche in via ordinaria, la percentuale di rivalutazione è riconosciuta in misura progressivamente decrescente al crescere dell’importo della pensione goduta”.

Pensioni troppo basse: l’allarme dell’Ocse.

Stefano Scarpetta, direttore del dipartimento occupazione, lavori e affari sociali dell’Ocse, in un’intervista all’agenzia Agi, ha affermato che le  ultime riforme previdenziali hanno messo in sicurezza i conti, ma in prospettiva si corre il rischio di avere assegni previdenziali troppo bassi. “Il vero problema a mio avviso non è solo quello della sostenibilità finanziaria, ma quello dell’adeguatezza del montante pensionistico”, ha chiarito. “Per diversi motivi, inclusi i periodi di disoccupazione e di inattività, in molti si ritroveranno ad avere un montante pensionistico e quindi una pensione decisamente bassa“. Per Scarpetta, oltre alla sostenibilità del sistema, che andrà sempre salvaguardata, “c’è un campo altrettante importante da verificare che è quello dell’adeguatezza delle pensioni”. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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