Riforma delle pensioni 2018. Ultime novità su parità di genere e lavori di cura

Riforma delle pensioni: le pensioni delle donne. Pensioni e parità di genere sono alcuni degli argomenti che ha affrontato Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, nella sua analisi delle riforme del sistema previdenziale da mettere in atto nel 2018. Il leader sindacale ha scritto su jobsnews:”Per la prima volta nella storia del nostro sistema previdenziale dal primo gennaio di quest’anno i requisiti anagrafici per andare in pensione sono gli stessi per uomini e donne. Ma i percorsi lavorativi delle donne non sono uguali a quelli degli uomini, come non è uguale la partecipazione al lavoro di cura”.

Ghiselli ha osservato:”È vero che non dobbiamo rassegnarci ad una società che discrimina e che non garantisce le effettive pari opportunità, ma sino ad ora è stato così, è ancora così e, malgrado i passi in avanti che si stanno facendo, purtroppo lo sarà ancora per un lungo periodo. E fare regole uguali in condizioni diverse non va bene. È quindi necessario riconoscere il lavoro di cura ai fini previdenziali, da chiunque venga prestato”.

Una delle soluzioni per il segretario confederale della Cgil sarebbe quella di correggere socialmente il sistema contributivo a favore di quelle persone che hanno percorsi professionali caratterizzati da discontinuità, basse retribuzioni, part time. Ghiselli ha precisato:”Non si tratta di garantire una pensione minima uguale per tutti, a prescindere dalla partecipazione attiva al mercato del lavoro, che sarebbe un intervento esclusivamente assistenziale con effetti distorcenti sui comportamenti delle persone e sull’equilibrio del sistema”.

Pensioni, lavoro e parità di genere: l’analisi di Annamaria Furlan.

Il segretario confederale della Cisl, Annamaria Furlan, ha commentato i dati dell’Onu sul divario salariale tra uomini e donne. “Sono dati che dovrebbero far riflettere tutti. Le donne continuano ad essere l’anello debole del mondo del lavoro. Una situazione davvero inaccettabile”, ha affermato.

“E’ un tema su cui il sindacato a livello internazionale deve fare di più ponendo in tutti i consessi di affrontare il tema del divario salariale e di una migliore conciliazione tra il lavoro delle donne e la cura della famiglia. Anche se va detto che nel nostro paese abbiamo fatto passi avanti negli ultimi anni attraverso la diffusione della contrattazione a tutti i livelli. Dobbiamo garantire alle donne che lavorano reali politiche attive di valorizzazione e di promozione. Più sviluppo professionale anche a chi come le donne deve in molti momenti della loro vita conciliare il lavoro con la cura delle persone”, ha aggiunto.

“Con i contratti stiamo puntando molto sul welfare aziendale, negoziando cose concrete: assistenza sanitaria integrativa, bonus economici per ogni bambino nato, nidi aziendali, una maggior flessibilità dell’orario di lavoro, più telelavoro, più formazione”, ha chiarito. “Ma anche lo stato dovrebbe fare di più con interventi fiscali mirati per ridurre il divario salariale tra uomini e donne, come fanno altri paesi europei. Su questo siamo molto in ritardo. Se anche chi si assenta per maternità o effettua orari a part time per la cura dei figli non venisse considerato, come spesso accade, una lavoratrice residuale ma una risorsa su cui continua ad investire, si attenuerebbero i differenziali ingiustificati dei salari. Il 12% della forza lavoro in Italia è costretta ad un lavoro part time in modo involontario. Si tratta per lo più di donne per le quali servirebbero nuove politiche di rafforzamento occupazionale o di integrazione salariale se costrette ad orari settimanali troppo bassi vicini alla quasi disoccupazione”, ha concluso.Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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