Riforma delle pensioni, oggi 16 aprile 2018: ultime novità su Ape volontario e flessibilità in uscita

L’attivazione del nuovo strumento per le pensioni anticipate, l’Ape volontario, ha acceso il dibattito sulla riforma delle pensioni 2018. “Il via libera all’Ape volontario, che consente di andare in pensione a partire dai 63 anni avendo almeno 20 anni di contributi, è sicuramente una buona notizia”, ha dichiarato Cesare Damiano, esponente del Pd. “La norma entra in vigore purtroppo in ritardo e soltanto grazie all’adesione all’accordo-quadro previsto dal Governo da parte di Intesa San Paolo, che è la prima banca che offre questa possibilità”, ha aggiunto.

“A differenza dell’Ape sociale, destinata alle 15 categorie dei lavori gravosi e che è totalmente gratuita, in questo caso c’è da sostenere il costo del rimborso del prestito ventennale e dell’assicurazione. Si tratta però di oneri limitati, agevolati dalle previste detrazioni fiscali al 50% della quota interessi e della copertura assicurativa. La durata del prestito è prevista per un massimo di 20 e può finanziare fino a 3 anni e 7 mesi di prestito ponte”, ha precisato l’ex ministro del lavoro.

Damiano ha poi osservato:”Con l’entrata in vigore anche di questa norma, va a regime il criterio della flessibilità del sistema pensionistico per la quale ci siamo lungamente battuti. Ci auguriamo che, come è capitato per l’Ape sociale, anche questa normativa abbia successo”. La richiesta che ci sentiamo di fare al nuovo Governo è che l’Ape (sociale e volontaria) che è soltanto sperimentale e a termine, diventi strutturale”.

Riforma delle pensioni 2018: l’Ape volontario e le pensioni delle donne

Il meccanismo alla base dell’Ape volontario ha destato qualche perplessità sull’effettiva convenienza del nuovo strumento quale scelta per andare in pensione anticipatamente. In particolare, secondo Susanna Camusso, segretario generale della Cgil,  l’Ape volontario risulterebbe penalizzante per le donne dal punto di vista del rendimento pensionistico. Le motivazioni addotte dal leader sindacale per giustificare la sua affermazione sono il peso quasi esclusivo del lavoro di cura, che causa frequentemente l’interruzione del percorso lavorativo, la disparità salariale esistente tra uomini e donne, che rende le pensioni di quest’ultime, in generale, di importo inferiore ed il progressivo aumento dell’età pensionabile.

Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social, ha aggiunto un altro elemento di riflessione, circa la reale “convenienza” dell’Ape volontario per il pensionamento delle donne. “Quello che stride a mio avviso su quanto enunciato da Susanna Camusso , è legato alla sua assunzione sul discorso contributi necessari per Ape Volontaria dove sono richiesti 20 anni di versamenti per accedere.

Ecco, diciamo che questi non sarebbero neppure così penalizzanti quantitativamente, attese le discontinuità lavorative cui le donne per “N” motivi (lavoro di cura in primis”) sono soggette ma la debolezza della misura per la platea femminile, sta nel fatto che con 20 anni di contributi versati in base ai salari percepiti normalmente dalle donne, diventa oneroso andare a decurtare importi da un mensile che, giocoforza, è già piccolo di suo“, ha sottolineato la Armiliato.

E’ della stessa opinione Elide Alboni, amministratrice del Comitato Esodati Licenziati e Cessati, che  ha affermato:” Aggiungo con forza che alle donne deve essere trovata e garantita altra via di flessibilità che non le gravi anche di oneri economici . Una via che riconosca gli anni di cura e di sostituzione al welfare”. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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