Rivalutazione delle pensioni: l’analisi di Cesare Damiano e dello Spi-Cgil

La Legge di Bilancio 2019 ha introdotto un nuovo meccanismo per la rivalutazione delle pensioni. “Dal primo aprile la rimodulazione al ribasso dell’indicizzazione delle pensioni, rispetto a quanto previsto dalla legge 388 del 2000, diventa operativa”, ha osservato Cesare Damiano, dirigente del Partito democratico.

“L’Inps ha pubblicato la circolare con tre mesi di ritardo. Per le mensilità di gennaio, febbraio e marzo già pagate, senza che sia stato applicato il taglio, si procederà al recupero forse dal primo giugno, dopo le elezioni europee”, ha sottolineato l’esponenete dem, per il quale: “Il ‘Governo del cambiamento’ non ha cambiato strada e ha riconfermato il meccanismo dei Governi precedenti”.

Perdite sulla rivalutazione delle pensioni

La legge 388 del 2000 ha subito tre distinti interventi a partire dal 2011 con la legge Fornero. Dai calcoli che abbiamo sviluppato, come Centro Studi Previdenza di Lavoro&Welfare, dal primo gennaio del 2012 fino all’ultimo intervento del Governo gialloverde, le pensioni comprese tra le 3 e le 4 volte il minimo (circa 1.500- 2.000 euro lordi mensili) registrano una perdita massima annua di 959 euro, pari al 4,92%”. “Una pensione compresa tra le 6 e le 7 volte (circa 3.000-3.500 euro) ha una perdita massima annua più consistente: 4.223 euro, pari al 10,83%. È un tema che va affrontato urgentemente: la mobilitazione dei sindacati dei pensionati lo sta a dimostrare”, ha concluso.

Il punto di Ivan Pedretti

“Ci hanno detto che non era vero, che erano pochi spiccioli, che eravamo degli avari. In questi giorni i pensionati stanno scoprendo l’amara realtà. Il taglio c’è eccome. Si perdono da 44 fino a oltre i 1.500 euro in tre anni. Il governo ci ha scambiati per il suo bancomat. E a giugno si prendono anche il conguaglio. È arrivato il momento di dire basta!”, ha affermato Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi-Cgil via social.

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