Nel carcere romano di Rebibbia, un detenuto è stato sorpreso da un agente di polizia penitenziaria a chiacchierare tranquillamente al cellulare. Il poliziotto è stato attratto dalla voce del detenuto che parlava, senza ricevere risposte eventuali da altri detenuti: era chiaro che stesse parlando al telefono. Il detenuto, vedendo l’agente, ha cercato di liberarsi del dispositivo telefonico, ma senza successo.
Dopo questa scoperta, la cella del detenuto è stata perquisita, e sono stati trovati un caricabatteria, un auricolare ed altre due schede telefoniche. Anche il detenuto è stato perquisito, e gli è stata trovata, nascosta accuratamente in un calzino, una pennetta USB.
Le ultime news dal mondo delle carceri, Leo Beneduci: “Le carceri italiane sono diventati delle enormi cabine telefoniche”
A dare notizia dell’accaduto è Leo Beneduci, il Segretario Generale dell’O.S.A.P.P.: “Le carceri italiane qualora non interessate dalle onnipresenti aggressioni in danno degli agenti e degli operatori penitenziari, sono diventate purtroppo anche della enormi cabine telefoniche con i detenuti che senza troppi problemi conversano in assoluta tranquillità dalle proprie celle detentive, incuranti anche di essere scoperti. Il solo fatto che il possesso di un telefono cellulare non costituisca null’altro che una sanzione disciplinare, ne limita fortemente l’efficacia deterrente al possesso. Se si aggiunge il fatto che in alcuni istituti penitenziari i procedimenti disciplinari a carico dei ristretti verrebbero lasciati cadere in prescrizione, ne consegue che il possesso di un apparecchio non consentito quale può essere il telefono cellulare, costituisca un benefit che perversamente migliora la qualità della vita detentiva. Siamo quindi al paradosso che la legalità è un principio che in molti casi è espunto dal regime carcerario italiano”.