Il presidente della Commissione lavoro alla Camera della scorsa legislatura, Cesare Damiano, in occasione della presentazione del Documento di Economia e Finanza da parte del governo uscente, ha osservato che “senza le riforme pensionistiche varate dal 2004 al 2011 (Maroni, Damiano, Sacconi e Fornero), il debito pubblico sarebbe schizzato al 150% del Pil nel breve periodo per arrivare al 200% tra il 2030 e il 2040”.
“Finalmente il Governo chiarisce che l’equilibrio dei conti non è garantito esclusivamente dalla legge Fornero sulle pensioni, ma dal complesso delle riforme attuate dal 2004 al 2011”, ha dichiarato l’esponente dem. “Mentre questa valutazione è condivisibile”, ha proseguito, “non altrettanto corretto è il calcolo contenuto nel Def per quanto riguarda l’incidenza della spesa pensionistica sul Pil, oscillante negli anni, secondo il documento del Governo, tra il 15,8 e il18,2%“.
“Ancora una volta si adottano tecniche di calcolo europee, quelle dell’Economic Policy Committee, che non considerano che in Italia non c’è separazione tra spesa per previdenza e assistenza e non valutano l’alto peso della tassazione sugli assegni pensionistici, che in Italia vale più di 40 miliardi di euro all’anno. Se si scorporano queste due voci, l’incidenza della spesa pensionistica si assesterebbe attorno al 12% del Pil, perfettamente in linea con i principali Paesi europei“, ha puntualizzato l’ex ministro del lavoro del governo Prodi.
Damiano ha osservato che le modifiche alla legge Fornero potrebbero essere un punto di contatto programmatico tra M5S e Pd. “Se la legge Fornero non è l’architrave dell’equilibrio dei conti, si può proseguire sulla strada, già intrapresa dal Pd nella passata legislatura, di una sua correzione”, ha affermato. “Sarebbe sicuramente un punto di contatto programmatico con il Movimento 5 Stelle, per quel che può valere in questo difficile contesto politico dominato da veti e anatemi”, ha concluso.
Riforma delle pensioni 2018: le preoccupazioni dei comitati.
L’attuale fase d’incertezza politica desta preoccupazione nei comitati, i quali attendevano dalla nuova legislatura un cambio di rotta su alcune tematiche previdenziali ed in particolare il compimento di interventi come la nona salvaguardia per gli esodati, la proroga di Opzione donna e l’adozione di politiche per la valorizzazione dei lavori di cura.
“Dai comitati ODS, Lavoro e Pensione, Esodati Licenziati e Cessati, pur tenendo conto dei singoli indirizzi di pensiero che li contraddistingue, emerge una eguale preoccupazione per il protrarsi di questo stallo politico di una legislatura ancora in divenire ma che giá sta spegnendo molte illusioni: di chi credeva in un rinnovamento, di chi attendeva equità dalle riforme e di chi confidava in una consapevole presa d’atto da parte degli sconfitti.
Nulla di tutto questo è fino ad ora avvenuto anzi, quello che un tempo era il confronto politico sui programmi, quelli che erano gli accordi di governo, vengono ora ridotti, sviliti a rango di mero contratto, in pieno stile aziendale. Qualcuno ha ancora a mente la sostanziale differenza tra Stato e azienda? Ne dubito fortemente”, ha dichiarato Luigi Metassi, amministratore del Comitato Esodati, Licenziati e Cessati, che si batte per gli esodati ante Fornero.
Orietta Armiliato, amministratrice del Comitato Opzione Donna Social ha precisato: “E davvero difficile oggi immaginare lo scenario di un futuro politico anche se prossimo. Un fatto resta e noi del CODS lo stiamo ribadendo da prima che ci si recasse alle urne, ovvero che esistono programmi elettorali che hanno orientato le scelte di molti anche se magari non erano del tutto condivisi i valori dei proponenti.
Dunque tali proposte programmatiche non possono essere disattese o sostituite da altre (postume) senza che si creino ulteriori fratture fra la classe politica ed i cittadini già piuttosto provati dal sistema e mal tolleranti”. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.