Riforma delle pensioni 2018. La separazione tra previdenza ed assistenza

La riforma delle pensioni 2018 è stato tra gli argomenti del 55° Congresso di Feder.s.p.ev. Nella sua relazione, il presidente nazionale, Michele Poerio, ha svolto un’analisi delle tematiche relative al sistema previdenziale che sono state argomento di dibattito nel corso del’ultima campagna elettorale. “La XVIII legislatura sta per partire dopo una campagna elettorale tra le più modeste e fuorvianti degli ultimi decenni, improntata, cioè, a puro marketing piglia-tutto, in realtà disinteressata a formulare proposte concrete, realizzabili, economicamente sostenibili. I programmi elettorali dei vari movimenti, partiti o coalizioni sono stati caratterizzati dalla genericità, dal costo elevato e dalla mancanza di coperture finanziarie certe”, ha affermato.

“Si è scatenata, quindi, una vera e propria gara per introdurre varie forme di sostegno per le famiglie in stato di indigenza: chi propone il REI (reddito di inserimento) già in funzione dal 1° gennaio 2018; chi il reddito di cittadinanza; chi il reddito di dignità con spesa che varia dai 7 ai 30 mld anno. E le coperture? Molto vaghe ed in buona parte a carico dei redditi più alti derivanti da grande impegno e duro lavoro”, ha aggiunto Poerio.

Il presidente nazionale di Feder.s.p.ev. ha sottolineato che nel 2016 la spesa pubblica totale è stata di 830 mld e per pensioni, sanità ed assistenza ne sono stati spesi 452, il 54,4%. Per l’assistenza nel 2017 sono stati spesi oltre 107 mld, cifra destinata ad aumentare per il  reddito di inserimento (REI). La spesa pensionistica per il 2016 è pari a 200,7 mld al lordo delle imposte, mentre le entrate contributive sono state 181,2 mld ma, detratte le tasse, l’ uscite nette per lo Stato sono state di 150 mld e quindi con un saldo attivo di oltre 30 mld.

Riforma delle pensioni 2018: separare previdenza da assistenza.

Per il presidente nazionale di Feder.s.p.ev., i dati illustrati mostrano “l’assoluta necessità di una netta separazione tra la vera “previdenza” sostenuta dai contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro e l’assistenza che deve essere completamente a carico della fiscalità generale, separazione, peraltro, prevista dall’art. 37 della legge 88/1989.

A sostegno della sua posizione, l’analoga conclusione al quale è giunto il professor Alberto
Brambilla presidente del centro di ricerca “Itinerari Previdenziali”. Analizzando i dati del Quinto Rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano, si nota che la spesa pensionistica pura è aumentata del solo 0,20% tra il 2015 e il 2016, segnando nel triennio un incremento annuale dello 0,57%.

Secondo Brambilla: “Da subito, occorre ridurre la spesa per assistenza, che cresce a un ritmo spaventoso e non sostenibile del 5,9% l’anno e il debito pubblico che, alla faccia della sbandierata austerità, in questi ultimi 5 anni è aumentato di 228 miliardi nonostante – grazie alla BCE –  si siano risparmiati 49,5 miliardi di spesa per interessi sul debito”.

Peorio si è domandato perchè nessuno si adoperi per separare la previdenza dall’assistenza. “Non è nel mio genoma fare dietrologia: non sarà forse perché, anche con la scusa del richiamo di organismi internazionali (vedi ultima lettera della Commissione europea) che dicono “spendete troppo per le pensioni”, i vari governi possono usare la scusa del deficit Inps per poter strizzare sempre più i pensionati senza dover tagliare sprechi e rami secchi che, però, elettoralmente rendono?”, ha aggiunto. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.

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