Giuseppe Conte, nel suo primo discorso ufficiale quale Premier incaricato, ha dichiarato che se riuscisse a portare a termine il mandato di formare il nuovo Governo esporrà alle Camere “un programma basato sulle intese intercorse tra le forze politiche di maggioranza”. La strada è dunque quella indicata dal contratto di governo stilato dal Movimento Cinque Stelle e Lega. La riforma delle pensioni del “governo di cambiamento” che vogliono realizzare Lega e M5S prevede la separazione contabile tra assistenza e previdenza.
Secondo uno studio realizzato dall’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica, anche operando tale distinzione, l’Italia continuerebbe a rimanere tra i Paesi con un’alta incidenza della spesa pensionistica sul PIL : “Correggendo soltanto la spesa italiana seguendo le indicazioni contenute nel rapporto di Itinerari Previdenziali per il 2016, e cioè sottraendo 2 punti percentuali di PIL alla spesa pensionistica, e non correggendo quella degli altri Paesi”, al netto della tassazione per tutti i Paesi, l’Italia arriverebbe alla quinta posizione della classifica OCSE.
Riforma delle pensioni 2018: separazione tra previdenza ed assistenza.
L’Osservatorio sui conti pubblici ha precisato: “Le riforme della previdenza sono state rese necessarie dall’aumento previsto della spesa pensionistica rispetto al PIL. Questo aumento era dovuto essenzialmente alla componente previdenziale a seguito dell’invecchiamento della popolazione. Le riforme hanno quindi cercato di contenere l’aumento della componente di spesa che generava la pressione sui conti pubblici”.
Nel dossier viene segnalato un altro aspetto:”La distinzione tra spesa previdenziale e assistenziale non è così ovvia”. Tale distinzione, ha sottolineato l’Osservatorio, “è basata sul fatto che la spesa previdenziale sarebbe il corrispettivo di contributi passati, mentre la spesa assistenziale sarebbe erogata indipendentemente dai contributi versati. Si tratta però di una differenza solo parziale”.
“Il nostro sistema è invece basato (anche nella parte contributiva) su pensioni che sono calcolate sulla base di una certa formula e non corrispondono necessariamente al valore attuariale dei contributi versati. Anche nella parte previdenziale della spesa pensionistica non esiste una corrispondenza precisa tra contributi versati e pensioni, proprio come avviene per la parte assistenziale. Ai fini dei confronti internazionali, o per seguire l’evoluzione temporale della spesa, ha quindi senso considerare l’intera spesa pensionistica che va a vantaggio di tutti gli anziani”, si precisa nel documento.
In aggiunta, “se si volesse comunque sottrarre le spese cosiddette assistenziali per l’Italia, lo stesso dovrebbe essere fatto anche per gli altri paesi, sottraendo quindi alla voce di spesa registrata da Eurostat la quota assistenziale per tutti gli Stati, cosa che i critici non fanno, correggendo soltanto i dati italiani”.
La separazione di assistenza e previdenza in due diversi capitoli di spesa, per Mauro D’Achille, amministratore del gruppo “Lavoro e pensioni: Problemi e soluzioni”, è “non solo è auspicabile, ma essenziale”.
D’Achille ritiene che tale operazione “potrebbe finalmente far tacere tutti coloro che si sentono autorizzati ad intervenire in merito per “ordinare” di non migliorare la Fornero”. “E non stiamo parlando di persone di poco conto, ma di enti sovranazionali come il FMI, che continuano a citare la spesa al 16% del PIL , mescolando però la somma delle uscite”, ha sottolineato. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.