Riforma delle pensioni 2018: il legame tra età pensionabile ed aspettativa di vita. Il legame tra l’età pensionabile e l’aspettativa di vita è uno dei temi affrontati nel dibattito sulla riforma delle pensioni 2018. Michele Raitano, docente di Politica economica alla Sapienza di Roma, è tornato ad affrontare l’argomento nel corso di un’intervista al Manifesto.
“Un’età pensionabile uguale per tutti e, in prospettiva, nel sistema contributivo, un meccanismo di calcolo attuariale della pensione basato sulla sola aspettativa di vita media, comporta, di fatto, una chiara redistribuzione in senso regressivo della ricchezza pensionistica (il totale delle pensioni che si riceverà nella vita) da chi vive di meno, dunque i meno abbienti, a favore dei più abbienti, che vivono in media di più”, ha affermato.
Per il professor Raitano: “Emerge anche il rischio che l’aumento forzoso della vita attiva per persone impegnate in lavori di diversa gravosità, oltre che lo stress associato ai rischi di disoccupazione in età anziana, dato che non tutti fronteggiano le stesse opportunità occupazionali da anziani possano ulteriormente amplificare i differenziali sociali di salute e mortalità.
Pensioni e differenziazione tra le categorie di lavoratori.
Raitano, a proposito dell’ età pensionabile e delle differenze tra i lavoratori i base alle mansioni svolte ha osservato: “Il principio alla base dell’Ape sociale, che riconosce le eterogeneità fra lavoratori, è assolutamente apprezzabile. Il modo in cui si definiscono le categorie dei beneficiari potrebbe però creare alcune differenze difficilmente giustificabili fra le categorie ammesse o meno all’anticipo e condizionare in negativo il futuro percorso di riforme che intendano rispondere in maniera più adeguata alle sfide sul tappeto”. In un’analisi pubblicata su Rassegna sindacale, il docente universitario, a proposito dell’Ape sociale, ha affermato che “bloccare per un biennio per 15 categorie di lavoratori l’aumento di 5 mesi dell’età pensionabile (che rimarrà, dunque, ferma a 66 anni e 7 mesi, anziché crescere a 67 anni, come avviene invece per la generalità dei lavoratori) ed estendere ad altre 4 categorie l’accesso all’Ape sociale laddove si rispettino i requisiti relativi alla definizione della gravosità dell’occupazione, hanno rappresentato invece l’ennesima occasione persa per ragionare in modo approfondito su una questione con ricadute rilevanti, sia per gli individui che per il sistema economico italiano”.
“Sebbene si avesse il tempo per avviare una riflessione, trasparente e scientificamente fondata, sul complesso dei nodi ancora aperti, limitata flessibilità nel pensionamento, trasferimento sull’obbligo al lavoro di qualsiasi guadagno di aspettativa di vita media (quando la logica vorrebbe, peraltro, che i guadagni di aspettativa di vita venissero distribuiti fra vita attiva e fase di ritiro), disattenzione alle differenze di longevità, si è scelta una soluzione di piccolo cabotaggio”, ha sottolineato Raitano.
“Tale soluzione rischia addirittura di accentuare le iniquità fra lavoratori simili, il diritto a ritirarsi o meno sulla base di requisiti più vantaggiosi dipendendo da fattori abbastanza casuali”, ha aggiunto. Qui puoi trovare le ultime news e novità su riforma pensioni.