Continua a destare preoccupazione ed allarme la situazione nelle carceri italiane. La denuncia che viene da più fronti è quella che mette in luce situazioni di sovraffollamento, carenza di personale, e di carenza di attività di reinserimento e di formazione. Pochi giorni fa c’è stato un nuovo drammatico caso di suicidio all’interno del carcere di Poggioreale a Napoli. Si tratta di un quarantenne pugliese, Sergio Caputo. Lo ha reso noto Samuele Ciambriello, il garante campano dei detenuti che ha evidenziato come “ad oggi su 33 suicidi in Italia, ben sei sono campani tre a Poggioreale, uno nel carcere di Secondigliano e poi a Benevento e ad Aversa. Va rafforzato il sistema di prevenzione dei suicidi che è stato varato dal ministero. Bisogna agire con una maggiore formazione specifica per la polizia penitenziaria, bisogna prevenire, intuire il disagio, avere più figure multidisciplinari che agiscono in rete”.
Ciambriello rilancia: “Certezza e qualità della pena”
Per Ciambriello serve anche altro: “Attività trattamentali nel pomeriggio, la presenza di educatori, di commissari. Bisogna elaborare una cultura del carcere e sul carcere, le pene detentive devono essere garantite salvaguardando dignità e assistenza socio sanitaria. Certezza della pena e qualità della pena“. D’accordo anche Rita Bernardini esponente del Partito Radicale ha evidenziato che quello di Poggioreale è un carcere “dove 2.100 detenuti sono costretti a vivere in 1.400 posti, dove dei 20 educatori (già pochi) solo 14 sono in servizio, dove gli agenti sono 156 in meno di quelli previsti e dove i dirigenti non forniscono notizie sui detenuti impegnati nelle attività scolastiche e lavorative”.
Il Garante dei Detenuti Matteo Tosi denuncia una situazione di sovraffollamento e mancanza di attività di reinserimento.
Anche il garante dei detenuti del carcere di Busto Arsizio, Matteo Tosi ha denunciato una grave situazione di sovraffollamento, carenza di personale, e la scarsità di attività di reinserimento e di formazione davanti ai consiglieri ella commissione speciale sulla situazione carceraria in Lombardia, presieduta da Gianantonio Girelli (PD). Secondo il Garante la situazione del sovraffollamento carcerario ed della tensione accumulata dai detenuti nelle carceri rischia di peggiorare e di giungere ad esplosione anche a causa della mancanza di adeguate iniziative di reinserimento e di opportunità lavorative dei detenuti che li tengano impegnati e consentano loro di riacquistare una speranza per il proprio futuro.
Secondo Tosi «450 detenuti e 300 posti disponibili rendono drammatica la situazione nella Casa Circondariale del varesotto, dove è stata rilevata anche la carenza di agenti, di personale amministrativo e anche sanitario». Matteo Tosi ha rilanciato la necessità e l’urgenza di combattere il sovraffollamento con il lavoro nelle carceri: “Non lasciamo i detenuti chiusi nelle celle a far niente”. Tosi ha rivolto un appello ai rappresentanti politici a “sollecitare l’attivazione di borse lavoro per i detenuti e in generale più attenzione” per le condizioni di chi vive e lavora dietro ai e degli cancelli di via per Cassano, a partire dagli “agenti di polizia penitenziaria”, che per primi subiscono gli effetti di “una situazione che si sta aggravando“.
Ha rilanciato Tosi: “Ma non è quello il problema più urgente oltre ad essere sfibrata dagli spazi ristretti, la popolazione carceraria è in gran parte lì a far niente. Avrebbero diritto a compiere delle attività, come corsi, laboratori, lavoretti, misure alternative, ma l’assenza di un ufficio trattamentale realmente costituito paralizza tutto…non si riescono più a programmare iniziative, se non interne ed estemporanee, o ad organizzare qualcosa di nuovo, ma nemmeno a ripetere iniziative che si sono sempre fatte, come le visite delle scuole”. Meno attività si fanno, è la sintesi del ragionamento del Garante, più tensioni e frustrazioni si accumulano nelle celle.
Lavoro e formazione: strumenti per arginare la situazione drammatica delle carceri italiane
Alla politica regionale Matteo Tosi ha chiesto qualche “segnale” per i detenuti, ossia non solo “attivarsi per sollecitare la nomina di un responsabile per l’area trattamentale”, ma anche “sollecitare le amministrazioni locali del territorio a mettere a disposizione dei detenuti qualche borsa lavoro, che dia occasione di uscire dalla cella per fare qualche lavoretto, imbiancature, manutenzioni, giardinaggio“. Lavoro e reinserimento come strumento importante ed imprescindibile per evitare l’implosione del sistema carcerario ed il collasso di una situazione già profondamente drammatica e di estrema sofferenza per le persone e le famiglie che vi sono coinvolte.