Oggi 25 settembre 2019 si è tenuta la consueta Udienza Generale del mercoledì di Papa Francesco. Il discorso del Santo Padre è partito dagli Atti degli Apostoli, soffermandosi sui problemi che ha avuto la comunità cristiana sin dagli albori, come la necessità di armonizzare ad esempio “le differenze che coabitano al suo interno, senza che accadano contrasti”. Parlando della difficile convivenza nella comunità con i greci, i cosiddetti “pagani”, Papa Francesco ha affermato:”Di fronte alle difficoltà spunta la zizzania. Qual’è la peggiore zizzania che distrugge una comunità?La zizzania della mormorazione, del chiacchiericcio“.
Il Santo Padre ha narrato com’è nata la figura del diacono, precisando che il suo ruolo non è quello di stare all’altare, in quanto è “il custode del servizio nella Chiesa”. “Questa armonia tra servizio alla parola e servizio alla carità rappresenta il lievito che fa crescere il corpo ecclesiale“, ha sottolineato Papa Francesco. Gli Apostoli crearono sette diaconi tra cui spiccavano Stefano e Filippo.
“La calunnia uccide”
“Stefano evangelizza con forza, ma la sua parola incontra le resistenze più ostinate.Non trovando altro modo per farlo desistere, cosa fanno i suoi avversari? Scelgono la soluzione più meschina per annientare un essere umano, cioè la calunnia, la falsa testimonianza. Sappiamo che la calunnia uccide, sempre. Questo cancro diabolico che è la calunnia nasce dalla volontà di distruggere la reputazione di una persona , aggredisce anche il resto del corpo ecclesiale e lo danneggia gravemente quando per meschini interessi o per coprire le proprie inadempienze ci si coalizza per infangare qualcuno”, ha osservato il Pontefice.
L’abbandono nelle mani del Signore
Il Santo Padre ha sottolineato l’atteggiamento di Stefano di rimettere la propria vita nelle mani del Signore, accettando serenamente la condanna a morte: “Signore Gesù accogli il mio spirito. “Stefano muore da figlio di Dio”, perdonando e chiedendo a Dio di noi imputare la sua morte tra i peccati commessi dai suoi avversari. “Le parole di Stefano ci insegnano che non sono i bei discorsi a rivelare la nostra identità di figli di Dio, ma sono l’abbandono della propria vita nelle mani del Padre ed il perdono delle offese“, ha precisato il Pontefice.